Danilo Fanfano e la sua forza di cambiare il destino.
In questa storia, tra le righe, ognuno di noi per qualche aspetto sicuramente trova un pezzetto. Soprattutto, è un messaggio di forza a non abbattersi, per vedere e trovare da un’altra angolazione, la soluzione per fare il salto e ritrovarsi più forti di prima.
Siamo nel 2007, l’anno che segna quella crisi economica che a singhiozzo ancora risentiamo, per molti imprenditori ha segnato la fine delle loro attività, in alcuni casi tanti si sono tolti la vita non trovando la via per uscire dal tunnel dei debiti.
Restringiamo il campo, geograficamente ci troviamo a Torino, cuore pulsante della produzione industriale, crocevia dell’economia e di colpo uno dei ragazzi delle famiglie in vista si ritrova a far fronte a questa crisi, che catapulta l’attività del padre nell’abisso.
Così, Danilo Fanfano oggi imprenditore ed ex atleta, pluripremiato campione di kickboxing, ci racconta la sua storia sorprendente.
Ciao Danilo, cosa ti porta a raccontare la tua storia?
“Partiamo subito in quarta, per prendere ancora più velocità su strada: desidero divulgare e arrivare a tutte le persone che in questo momento sono e vivono delle difficoltà. Soprattutto, la mia storia oggi vuole essere quella leva, che può fare la differenza in un momento difficile da affrontare o togliere del peso là, dove, molti si svegliano con mille avversità cui fare fronte.
Ecco, tutto quello che ho vissuto, mi ha portato a essere ciò che sono oggi”.
Raccontati.
“Sono nato e cresciuto in una famiglia, dove non manca mai amore e calore. Sono stato un ragazzo con tante opportunità, buone frequentazioni e pronto a entrare in un mondo lavorativo dopo un percorso di studi promettente al successo.
Correva il 2007 e l’attività imprenditoriale di mio padre, come per molti all’epoca, subisce il fallimento. Nonostante abbia cercato di riprendersi, si apre davanti a noi tutti lo scenario nero della crisi”.
Come hai reagito?
“All’epoca studiavo, frequentavo i giovani Lion, portavo avanti la mia passione per le arti marziali: di colpo tutto si è fermato.
I miei genitori sono stati ospiti da un’amica, dopo aver perso la casa e tutto.
Io, per non essere di peso, ho deciso di vivere in un’auto raccontando di essere e di stare sempre bene. Non nascondo di aver fatto la colazione con le croste della pizza vecchia di tre giorni, pranzato con scatolette di mais e rovistato nei cassonetti per la cena.
Per non parlare delle notti al freddo d’inverno passate a dormire cercando di non stare a contatto con i finestrini dell’auto, tutto raggomitolato. Soprattutto, tutto questo innescava in me la voglia di riprendermi tutto e molto di più”.
Quando è arrivata la leva della reazione?
“Più che di una leva, è stata la necessità di proteggere la mia famiglia, da chi esigeva dei crediti. Dovevo fare qualcosa, così si è presentata un’opportunità”.
Quale?
“Quella di sfruttare la mia passione per le arti marziali, mi sono messo a disposizione dei combattimenti clandestini, nei magazzini abbandonati. Così, ho trovato in loro il modo di poter aiutare la mia famiglia a pareggiare i conti e allo stesso tempo mi sono ritrovato a vivere un altro aspetto della mia vita, andandomi a misurare con la mia forza da atleta e la voglia di riscatto”.
In quel periodo oltre al combattimento, come hai ragionato per trovare una nuova strada?
“Era come vivere nella Gotham che si nascondeva di giorno. Ecco, al sorgere del sole dentro iniziavo a trasformare quell’energia spesa sul ring di notte, in quello che sarebbe stato il futuro, ora presente cui vivo.
Una volta pareggiati i conti, poi, sono uscito da quel mondo e sono tornato alla vita molto più forte. Ringrazio la mia famiglia per avermi fatto vivere un’infanzia serena, dove è stato seminato del buono, ho fatto tesoro di questo e di tutto l’insegnamento delle arti marziali nei momenti bui.
Ho trasformato minuto per minuto, tutto quello che mi stava accadendo, potrà sembrare assurdo, ma in molti momenti ho ringraziato di trovarmi in quella situazione e di avere la capacità di pensare che avrei messo fine a tutto, per poterlo raccontare ed essere in qualche modo d’aiuto, d’incoraggiamento e poter affermare di non abbattersi mai, c’è sempre una strada e una via d’uscita vincente”.