LA VALIGIA DELL’ATTORE
In questo nefasto 2020 che ha modificato radicalmente la nostra vita e i nostri comportamenti, che ha prodotto i peggior effetti dal punto di vista sanitario contribuendo ad incidere prima sui rapporti sociali e poi anche su quelli economici, abbiamo visto di tutto.
Noi 50enni, testimoni dei più grandi cambiamenti politici (fine della guerra fredda, fine dell’apartheid), di quelli economici (boom degli anno ’80, crisi e riprese economiche degli anni ’90) e anche di quelli religiosi (con due Papi in vita), siamo stati testimoni anche di una pandemia che ha sconvolto gli equilibri economici e politici mondiali. Quando si verificano eventi di tale portata siamo naturalmente trascinati ad una visione globale degli accadimenti, a ragionare in termini generali e a limitarci poi a riportare gli effetti nel nostro quotidiano senza avere la vera percezione, se non quando quelle cause non producono nel nostro “orticello” gli stessi effetti negativi che subiscono gli altri.
C’è sempre un mondo di “mezzo” infatti che rimane sconosciuto ai più, perché non abbiamo abbastanza raggio visivo per scorgerlo: siamo troppo abituati a fermarci a ciò che appare senza interesse particolare per quello che gravita dietro le “quinte”.
Riflettendo bene, la crisi sanitaria innescata dalla pandemia ha stravolto, più di ogni altra cosa quel mondo di mezzo, dal punto di vista lavorativo, che nessuno ha interesse a conoscere. Viviamo nel nostro quotidiano la chiusura dei cinema, dei teatri, delle discoteche e siamo solidali con gli attori, con i musicisti, coi gestori dei locali, ma quasi nessuno pensa che dietro quel mondo esiste un altro mondo altrettanto grande, se non più grande, fatto di persone che dedicano la loro vita lavorativa agli altri.
Questo editoriale prende spunto da un incontro con Antonio Sepe, manager dello spettacolo che mi ha aperto gli occhi su quel mondo di mezzo, che assorbe e risolve tutte le criticità del più ovattato mondo dello spettacolo.
L’incontro era destinato a ben altro scopo, nella fattispecie, alla carriera di Mario Ermito, ex concorrente del Grande Fratello, poi attore di alcune Fiction come il Peccato e la Vergogna, Non è stato mio figlio, L’onore e il rispetto 5, il Bello delle Donne, Don Matteo e L’Allieva, di cui Antonio Sepe è stato il primo manager.
Come facilmente intuibile questo “pezzo” sarebbe dovuto essere destinato ad altro, invece vuole essere un tributo a quelle persone, come Antonio Sepe, che nel buio delle quinte dedicano la loro attenzione al successo degli altri: come la trasposizione sul palcoscenico della vita, di un copione che seppur scritto per se stessi viene recitato da qualcun altro, a cui vanno affidate aspettative e speranze con la consapevolezza di non ricevere alcun ritorno in termini di successo, nè di applausi.
Esiste un mondo sommerso fatto di persone che iniziano un rapporto di lavoro con coloro che mirano ad un successo professionale. Quel mondo è costellato da individui che iniziano una collaborazione lavorativa che si trasforma, il più delle volte, in un rapporto amicale e di fratellanza. Il cliente diventa col tempo “assistito”, poi “amico”, e spesso finisce per essere considerato parte della propria famiglia. Il rapporto professionale sfuma verso un più consistente rapporto personale dove col tempo prevale il legame e l’affetto prima di ogni altra cosa.
Quel rapporto di agenzia diventa un legame “parentale” e il manager si trasforma in un fratello maggiore. A quel punto si lavora come si lavorasse per se stessi, senza più sabato o domeniche, senza festività e senza soste
Noi del mondo di sopra ammiriamo la performance dell’attore, lo vediamo in Tv o sul grande schermo. All’inizio della carriera magari lo abbiamo intravisto in qualche discoteca, nei migliori locali delle grandi città..testimonial di eventi live ..e quando avviciniamo il personaggio per un selfie, quando ci congratuliamo con lui e quando gli dedichiamo un’ attenzione particolare forse ci dovremmo soffermare a pensare che c’è stato qualcuno che ha permesso tutto questo.
Quel qualcuno è quella “valigia” che nella canzone di De Gregori (“la valigia dell’attore”) veniva regolarmente” lasciata nel camerino.. tra un lavandino e un secchio”.
E se oggi il mondo dello spettacolo soffre per le conseguenze impreviste del Covid 19, c’è chi nel “mondo di sotto” lavora comunque, senza riconoscimenti, senza onori e senza sosta, per altri “camerini” da “visitare”…
The show must go on
Fabio Lambiase