Intervista all’artista di origini calabresi, che ci racconta in esclusiva il suo affascinante percorso.
Oggi vi presento un artista davvero particolare, Alessio Gentile nato a Petronà, in Calabria, comune della Sila piccola, e trasferitosi poi in Svizzera.
Per anni la sua passione è stata il tatuaggio, a tal punto da renderlo un’arte, trasferendolo in quadri molto interessanti, con immagini che trasmettono emozioni particolari, toccando note interiori che risvegliano fantasmi del nostro inconscio.
Alessio, ci parli un po’ di te e di questo tuo amore?
Con piacere! Fin da piccolo ho sempre avuto una grande predilezione per il disegno, la pittura e i fumetti giapponesi.
A sedici anni incontrai per la prima volta l’arte del tatuaggio, allora si usava il metodo tradizionale fatto con ago e filo e l’inchiostro di china, mi feci tatuare da un’amica il simbolo dello Yin e Yang, che, secondo la filosofia cinese, rappresentano le due energie opposte che però si completano a vicenda, come il maschile e il femminile, la Luna e il Sole, il nostro lato ombra e il nostro lato luce.
Da quel momento decisi che quella sarebbe stata la mia strada.
Hai incontrato delle difficoltà per questo tuo lavoro?
Sì, in effetti ho avuto dei problemi, non ero considerato bene dalla gente del posto; negli anni 90, infatti, il tatuaggio era sinonimo di delinquenza, di persone borderline.
Per questo motivo lasciai la mia terra e, a 19 anni, la mia voglia di cambiare e di avere nuove opportunità di vita mi portarono in Scozia, a Edimburgo e, da lì in giro per l’Europa. Ogni tanto il richiamo della mia terra diventava forte e, ad ogni rientro, seguiva una nuova fuga.
Io la chiamo “la sindrome di Ulisse”, partire e cercare tutte le volte di ritornare, per poi andare di nuovo via!
Sì, un rapporto difficile di grande amore, ma incompatibile per quello che aveva da offrirmi, come tutte le storie travagliate, ci sono stati tanti addii e tante riconciliazioni, ma, alla fine, quando un rapporto non funziona bisogna prenderne atto ed andare avanti.
Ho visto le tue opere, che sono davvero originali, e sono rimasta a contemplarle per capire cosa suscitavano in me. In esse ho trovato dei fili conduttori, comuni a tutti i tuoi quadri: la morte, il serpente, le rose. Qual è il tuo significato?
Cerco di emozionare, attraverso la creazione ho la possibilità di suscitare sensazioni particolari, non so come spiegarmi, è come se esorcizzassi i miei demoni, intrappolassi le mie paure… Utilizzo del color oro e del nero per dare un senso di eleganza.
Sono tutte opere collegate fra di loro, in ognuna di esse cerco di rappresentare delle fasi della mia vita che sono state fondamentali per diventare quello che sono oggi.
La simbologia è molto legata al tatuaggio, ad esempio, il teschio, può avere molteplici significati. Per me è sempre qualcosa di eterno, di forte, una manifestazione delle proprie paure per poi imparare a gestirle.
Il serpente, invece, richiama al simbolismo religioso. In un’opera, c’è un serpente, adagiato nel centro di una scena, che rappresenta la mia realtà odierna, una vita abbastanza agiata, e per come è strutturata oggi, mi fa pensare che bisogna diventare come serpi per riuscire a districarsi tra falsi amici.
E quel quadro che raffigura uno scheletro con spilloni conficcati nel cuore, invece?
Si tratta di situazioni, eventi, anche dolorosi, che fanno parte della mia vita, che resteranno lì. Il cuore è la parte più emotiva, il fulcro di ogni sentimento.
Gli spilli al suo interno, fanno riferimento alle sofferenze con le quali devo convivere e, per quanto io possa evolvere, in quello che faccio, non solo non riuscirò mai a toglierli via, ma diventeranno sempre più invadenti… quello che cambia è che più tempo passa e più posso sopportarne il peso.
Mi piace questa tua riflessione, queste spine nel cuore che ci portiamo tutti e che non andranno mai via, ma che fanno parte di noi e ci caratterizzano.
Il mio lavoro di tatuatore mi permette di guardare al simbolismo da più angoli prospettici, spesso mi soffermo sul singolo elemento.
Come nascono le tue creature?
Non ho un progetto preciso quando creo qualcosa, parto da un’intuizione iniziale che poi prende forma da sé. Sono in continua evoluzione, compro oggetti a caso, senza un fine particolare, spesso giro per mercatini, poi li conservo in un posto avendo la consapevolezza che, un giorno, mi serviranno per creare qualcosa.
Poco tempo fa ho acquistato, ad esempio, una busta piena di chiavi antiche, mi piace l’idea che abbiano fatto parte della vita di tante persone diverse ed ognuna di queste ha una storia…
Ecco, questo mi fa pensare che un giorno diventerà una mia nuova creazione.
Qualcuno ha influenzato la tua arte?
Tutto nasce per gioco. Una mia carissima amica, Riae Mac Carthy, modella famosissima, diventata madrina di questo progetto. Le ho creato una scultura con gesso e da lì è partito tutto, mi ha motivato e spronato a continuare.
Poi mi sono sempre confrontato con degli amici, grandi pittori e tatuatori quali Billi Murran, da cui ho appreso alcune tecniche per la manipolazione della resina, Marta Salerno, in arte Marte Make, artista a 360 gradi, da cui ho appreso alcune nozioni sulla scultura e altri, come Marco Pisanelli, batterista del gruppo musicale ‘Tiromancino’, tatuatore e pittore.
Grazie ai consigli di tutti questi artisti ho cercato di avere un’idea ben definita di ciò che volevo creare e delle sensazioni che avrei voluto trasmettere.
Hai in programma una mostra delle tue opere?
Sì, ho in programma di organizzare delle esposizioni, ma sono anche molto meticoloso e autocritico, per cui vorrei completare prima alcune opere che non sento finite per poi organizzare al meglio una mostra insieme ad altri artisti.
Per ora daremo una tua anteprima ai nostri lettori, credo che apprezzeranno molto il tuo genere, quanto meno ne resteranno emotivamente coinvolti. Io non posso che augurarti di realizzare quanto prima questo tuo progetto e ti ringrazio per l’intervista che ci hai rilasciato.
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fonte :expartibus